Un papà racconta- Davide

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Oggi Orbita Doula è fiera di far partire questo nuovo set di interviste  ad una figura bellissima nonché cruciale presenza accanto alla mamma per un bimbo che sta nascendo: il papà!

In un epoca in cui si discute tanto del ruolo paterno,del cambiamento che sta subendo, della difficoltà di riposizionarsi rispetto a quello materno ci interessa davvero capire e assimilare cosa sente un neo-papà e come vive questo grande cambiamento. Aldilà di ogni teoria o facile generalizzazione.

Un grazie a Davide, papà di un bimbo di due anni, che ha coraggiosamente deciso di aprire le danze!

Se ti dico paternità cosa ti viene in mente?

È la cosa più incredibile che mi sarebbe mai potuta succedere. Me la sono immaginata più volte, mi sono proiettato nelle grandi decisioni che un padre dovrà prendere… poi giorno dopo giorno ho scoperto che sono i dettagli che fanno la differenza, nel bene e nel male, e che il confine tra essere un bravo padre o sentirsi inadeguato è davvero sottile.

In questa tua esperienza di paternità ricordi il gesto più gentile che hai ricevuto e grazie al quale ti sei sentito valorizzato e riconosciuto nel tuo ruolo?

Mi aspettavo di sentirmi valorizzato ogni giorno, di capire ogni giorno dai gesti degli altri che ero un buon padre, che tutti mi riconoscessero come tale…ma all’inizio non ero sulla giusta lunghezza d’onda. Riconoscevo e percepivo solo le critiche, i suggerimenti non richiesti, i giudizi. Ci è voluto un po’ per imparare a riconoscere i gesti “gentili”.

Ma uno ce l’ho in mente, molto chiaro. Una mattina porto mio figlio Filippo all’asilo, entriamo in classe dove altri bimbi stanno già giocando, lui mi tiene per mano un attimo più del solito, la tata si avvicina e Filippo dice (per la prima volta) alla tata “Lui è mio papi”. Fine, tutto qui. Vale come riconoscimento secondo voi?

Da quando hai saputo che saresti diventato padre, c’è qualcosa che ti ha infastidito o che non ti è piaciuta?Se si, ci vuoi raccontare cosa?

Io e mia Moglie abbiamo sempre condiviso molto interessi. Per questo avere un figlio ha richiesto un certo adeguamento, perché il tempo per condividere si è drasticamente ridotto. Davvero poche persone a noi vicine hanno capito questa nostra necessità, dandoci tempo per imparare un nuovo modo di stare insieme (ci stiamo tutt’ora lavorando!). Per quasi tutti dovevamo diventare, dal giorno alla notte, un tipico padre (che fa tutte le cose che deve fare un padre), ed una tipica madre. Fine. Questo ci ha creato molte difficoltà, perché ha creato delle “distanze” in un periodo in cui avevamo bisogno di “vicinanze”.

 Hai avuto la possibilità di raccontare queste tue sensazioni a qualcuno e se si ti è stato utile?

Sì. Abbiamo un gruppo di amici piuttosto ampio col quale ci confrontiamo proprio su queste tematiche. Ci è stato davvero utile per capire che ogni famiglia ha le proprie battaglie, ed i propri punti di forza. Abbiamo soprattutto imparato che ogni famiglia deve avere una voce, sforzarsi di farsi sentire ed essere ascoltata da un ‘intorno’ che sia capace ascoltarla. Però le soluzioni ai problemi vanno trovate da soli, in famiglia, gli altri non te le possono dare.

Come ti immaginavi il momento del parto? Ti eri fatto un’idea di come ti saresti sentito in quel momento?

Ho partecipato ad un corso pre-parto con tanti incontri per parlare dei vari aspetti del parto: la preparazione psicofisica (anche ginnastica di coppia!), cosa fare durante il parto, come prepararsi alle decisioni da prendere durante il parto, cosa fare dopo. Insomma un bel corso, che ha cercato di indirizzarci verso un parto “il più naturale possibile”. Che bello…ed io me lo immaginavo così. E mi immaginavo che sarei stato lì ogni secondo tenendo la mano di Chiara, a disposizione per ogni cosa. La realtà è stata ben diversa. Dopo 3 ore i medici ci hanno messo davanti alla necessità di un ‘cesareo’. In quel momento non te la senti di correre il men che minimo rischio. Chiara è stata portata via, e dopo 45 minuti avevo Filippo in braccio, io e lui da soli. Il tempo non passava mai, la mamma era in un’altra stanza e mi sentivo come se gli avessi rapito il figlio. A questo il corso non ci aveva preparati…

Relativamente alla tua paternità, ci racconti un episodio divertente che ti è capitato?

Quello più divertente (a posteriori!) riguarda la prima volta che ho portato Filippo a fare le vaccinazioni. Chiara aveva un impegno di lavoro, quindi io e Filippo ci siamo recati presso l’ambulatorio sereni, senza la mamma. Io sapevo essenzialmente quali vaccinazioni mio figlio doveva fare, e che dopo la vaccinazione avremmo dovuto aspettare per sicurezza riguardo eventuali reazioni cutanee, allergiche, e verificare che Filippo non avesse problemi. Non so perché ma ero fiero di compiere questa normale ma fondamentale attività con mio figlio.

Finalmente è il nostro turno, ed entriamo. L’infermiera guarda immediatamente verso la porta e chiede “siete soli?”.Mi accorgo immediatamente che sono preoccupate dell’assenza della mamma…ogni domanda ha un tono un po’ supponente…ed io mi sono pure dimenticato il libro di Filippo con tutti i referti della pediatra! Ho solo la tessera sanitaria con me! Mi chiedono se di recente ha preso degli antibiotici (negli ultimi mesi), io so che ne ha presi, ma non mi ricordo il nome! Aiuto, le loro domande diventano sempre meno gentili, e scappa anche un “vabbè se non sa neppure questo”. Arriviamo alla puntura: Filippo si irrigidisce, (era stato ricoverato qualche settimana prima in ospedale dove lo avevano ‘torturato’ con la flebo) allora l’infermiera mi dice “quando i bambini si agitano, tendono a calmarsi se vengono presi in braccio” e me lo mima. Avrei davvero voluto mandarla a quel paese, ma improvvisamente Filippo si è rilassato. Finita la vaccinazione aspettiamo mezz’ora e ce ne andiamo. A ripensarci ancora mi viene da ridere, avevo decisamente sottovalutato la situazione, non avrei mai pensato che due infermiere potessero farmi passare un’ora così difficile!

Per finire, c’è qualcosa che hai voglia di aggiungere rispetto alla tua esperienza di paternità che ritieni possa essere utile per chi legge o che semplicemente hai voglia di lasciare qui?

Mi imbarazza questa domanda perché non saprei proprio cosa dire a chi già vive un’esperienza di paternità. Sono tutte talmente diverse…

Per chi invece non ha ancora iniziato il suo percorso genitoriale, e vorrebbe affrontarlo, quello che dico è di non avere paura, non esitare, ma di essere pronti a cambiare. Sembra una banalità, ma alla fine è davvero così. Essere genitore può essere una bellissima avventura, la più bella, ma può cambiarti così tanto da renderti irriconoscibile (soprattutto a te stesso). Mettersi in dubbio, accettare il cambiamento, reinventarsi, ripartire, sono le doti che servono. Nei momenti difficili, per motivarmi, penso sempre che se si decide di avere una famiglia, lo si fa per provare un’avventura nuova: dove poi ti porta, questo non lo puoi sapere.

 

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