Chiacchierata con l’esperto- Il Counsellor

Parleremo oggi di una figura professionale, forse ancora poco conosciuta in Italia, che fa parte del multiforme panorama delle professioni di aiuto alla persona: il Counsellor.
Ci rivolgiamo quindi alla dottoressa Antonella Zecchi, laureata in scienze e tecniche psicologiche e Counsellor professionista avanzato, esperta in genitorialità e accompagnamento alle famiglie, la quale ci aiuterà a comprendere meglio in cosa consista la sua professionalità, le sue competenze e come possano queste affiancarsi e integrarsi con le competenze delle Doule.

-Ci potrebbe illustrare brevemente in cosa consiste la professione del counsellor?
Il counselling è una relazione di aiuto basata essenzialmente sul non giudizio e sulla capacità di ascolto empatico. Spesso le persone hanno bisogno di essere ascoltate e convalidate nel loro sentire e ciò non accade tanto frequentemente. Siamo tutti degli “emittenti” e davvero poco dei “riceventi. L’obiettivo trasversale rispetto il contratto stabilito con il cliente che esprime una richiesta di aiuto, è la presa di consapevolezza di come funziona la persona e di come a volte si renda ignara delle risorse che ha a disposizione per funzionare più efficacemente. Il nostro lavoro è accompagnare il cliente verso sé stesso e alla scoperta/riscoperta degli strumenti che ha per risolvere i problemi che incontra. ”. Il counselling prevede tecniche basate sull’empowerment, sulle strategie di copyng, sugli elementi legati alla resilienza; sull’autostima. Si utilizzano modalità operative specifiche della disciplina quali ad esempio il monodramma, il disegno, il movimento o l’amplificazione, insieme alle tecniche di esplorazione delle emozioni. E’ davvero molto vario “l’armamentario” a disposizione del Counsellor.

-In che cosa esso si distingue dalle altre figure professionali che orbitano intorno alla neo famiglia?
Il Counselling è una relazione di aiuto non sanitaria e quindi tutte le competenze in esso espresse esuberano da quelle, per esempio, del medico, dell’ostetrica, del pediatra, dello psicoterapeuta o dello psichiatra.

-Che cosa la ha spinta ad iniziare a praticare la professione?
Una grande passione. Una spinta che qualcuno chiama vocazione ma che io interpreto più come una forte inclinazione, una profonda attitudine.

-Come si sente a svolgere il suo mestiere?
Responsabile. E nel luogo che meglio mi si addice. Lo vivo come la cosa che più di ogni altra mi fa essere ciò che sono e mi rende migliore. E mi fa sentire di aiuto ad altri.
-Che cosa cercano le persone che si rivolgono ad un counselor?
Ascolto, empatia, risonanza emotiva e comprensione circa i loro disagi, e aiuto nel riconoscersi nei momenti di difficoltà. Spesso chiedono consigli ma è proprio ciò che non serve loro. Noi abbiamo già le risposte alle nostre domande. Serve solo che qualcuno ci accompagni in questo cammino di ricerca/recupero.

-Le capita di essere contattato da future o neo mamme?
Si certo. Inoltre lo sportello d’ascolto che ho aperto a Modena dal 2012 attraverso una associazione che tratta i temi della maternità, mi ha dato modo di avere contatti con le famiglie e le neo mamme.
-Ci può descrivere i motivi per cui la contattano maggiormente?
Il motivo più frequente è la difficoltà di riconoscersi fisicamente e psicologicamente nell’immediato post parto; o un disagio vissuto durante il parto. Spesso la difficoltà e lo smarrimento nel gestire le emozioni del post-parto. La difficoltà a conciliare i pregressi bisogni personali e i sensi di colpa nel soddisfarli, e gli elementi di ambivalenza connessi. E sempre più spesso a motivo delle frequenti crisi nella coppia dopo l’arrivo dei bambini, che riguardano le questioni legate al sesso, al chi fa cosa e i conflitti di potere.

-E’ contattata anche dai papà? Principalmente per quali motivi si rivolgono a lei?
I padri mi contattano quasi esclusivamente se stimolati dalle compagne; e vengono in coppia.
Quando vengono, partecipano molto e si mettono in gioco.
-In quali casi una persona si può affidare ad un professionista del suo campo?
In qualsiasi situazione di difficoltà incontrata lungo la via, che crei disagio. Può trattarsi di un problema legato alla professione, alla scuola, alla vita di relazione con il compagno; con i figli. Un momento di crisi legato ad una separazione; ad un pensionamento, ad un licenziamento, al sopraggiungere della menopausa. Alla nascita di un bambino e allo stravolgimento che fa saltare i pregressi equilibri della coppia. Sono tanti gli argomenti che possono rientrare nei percorsi di consapevolezza del counselling. Siamo inoltre particolarmente attenti nel non prendere mai in carico situazioni in cui si presentino forme di disturbo. In questi casi facciamo gli invii ad altro professionista, come per esempio lo psicoterapeuta o lo psichiatra. Io mi avvalgo di una rete di professionisti con i quali mi interfaccio e collaboro da molto tempo.

-Di che cosa pensa abbiano bisogno i neo genitori?
Di presenza; di luoghi dove incontrarsi e confrontarsi. Di operatori capaci di ascolto, di rinforzo, di convalida, di informazione. Di avvantaggiarsi del loro talento come genitori. Di momenti di confronto con operatori capaci di sintonizzarsi e comprendere il modo di intendere la genitorialità di chi hanno di fronte e solo dopo, quando possibile, stimolare nella riflettere sui diversi modi esistenti di interpretarla. Sulle conseguenze delle diverse modalità di agire. Penso che come genitori dovremmo poter confidare in servizi che offrano sostegno e informazione, e di operatori competenti e non giudicanti. Ritengo che sia importante per i genitori trovare spazi protetti dove potersi fermare: so-stare e darsi la possibilità di accorgersi che spesso seguiamo modelli ereditati senza esserne consapevoli, non potendone così mettere in discussione le parti inefficaci.

-Pensa che il suo pensiero sia condiviso dai suoi colleghi, della sua o di altre strutture/associazioni/gruppi?
Dai Counsellor sì. Da altre figure abbastanza. Ma non abbastanza…

-Se potesse cambiare una cosa nel sistema di supporto intorno alla nascita, che cosa cambierebbe?
Da anni mi batto per far diventare legge il percorso post- parto e farlo diventare equiparabile a quello del pre-parto. Dovrebbe essere possibile per ogni madre e famiglia potersi avvantaggiare di una figura supportiva nell’immediato dopo parto e per almeno tre mesi in base alla richiesta della famiglia. Prima o poi ci arriveremo. Io ne parlo da 15 anni. E quando arriverà quel giorno io sarò molto felice. Sto ultimando un libro che parla di questo.

– E nella sua esperienza da neogenitore c’è un ricordo che vorrebbe condividere con noi ora?
Ricordo il rientro a casa dall’ospedale, dopo un cesareo, con mio figlio fra le braccia. Mi accompagnava un senso di miracolo e una frase nella mente: “ Ecco Alessandro siamo qua…e adesso ce la giochiamo per tutta la vita.” E mi sembrava un tempo davvero infinito in quel momento. Oggi mio figlio ha 17 anni e spero ogni giorno che quel tempo lo sia davvero infinito…
-Se fosse neo genitore ora, quale cosa vorrebbe che non le mancasse/ ci fosse?
Una Doula. Assolutamente una Doula con la vostra preparazione. Così limitrofa e affine alla nostra.

-Ci può raccontare un aneddoto che le è rimasto impresso più di altri nella sua esperienza professionale?
Dopo una seduta di counselling ponendomi in ascolto empatico e partecipato e in assoluto silenzio, (la mamma in questione era un fiume di parole e di bisogno di far uscire il dolore) la cliente mi disse “ Grazie lei mi ha dato dei buonissimi consigli…”

-Qual’è l’augurio che potrebbe rivolgere a tutte quelle persone che decidono di intraprendere l’avventura di creare una nuova famiglia?
Di riuscire il più possibile, nonostante tutto quello che possa accadere, ad amare, esserci e resistere…

-Ha un libro, un film o un esperienza da consigliare che lei ritiene di grande importanza per le future famiglie?
Libri da suggerire… quelli del Gordon, di Winnicott, di Stern, di Jull, della Satir, di Rogers. Sono molti quelli che ritengo formativi. Come esperienza mi sembra che possa essere utile un corso sulla neo genitorialità già prima della gravidanza. Ma quello che sento essere una esperienza fondante e trasformativa è fare un percorso di crescita personale. Questa consente di fare esperienza della conoscenza di noi stessi, di prenderci cura del nostro mondo interno e del dialogo che abbiamo con noi stessi. “Impararci”, perché è ciò che ci può aiutare ad essere genitori più attenti. Questo è un grande regalo che possiamo fare anche ai nostri figli. Poiché spesso sono coloro che pagano il conto…

-Questa intervista si inserisce in un percorso che vorrebbe dare voce a tutte le figure professionali che ruotano attorno alla nascita; lei avrebbe in mente qualche figura, da noi non ancora contattata, la cui esperienza ritiene possa essere di interesse?
L’antropologo ed il sociologo.
-Ci puo’ descrivere il motivo? 
Perché non c’è niente di più politico e culturale di ciò che è naturale…la storia ce lo insegna. E quando si parla di fatti legati alla maternità spesso si confondono i termini.

-Vuole aggiungere qualcosa che le sembra importante comunicare il questo momento?
Augurarvi un grande successo. Poiché la sfida e l’impegno di portare avanti questo progetto lo meritano.