Chiacchierata con l’esperta – la pediatra

  • 0 comments

Oggi con la nostra rubrica “Chiacchierata con l’esperta” abbiamo bussato alla porta di una profesionista che ha quotidianamente a che fare con le famiglie: la Pediatra.

Vi proponiamo un’intervista ricca di emozioni, nella quale si mescolano abbraciandosi perfettamente le parole da professionista con quelle da mamma di tre bambini. Ringraziamo Giulia per aver condiviso con noi le sue esperienze di maternità e per averci portato testimonianza di come anche nelle situazioni piu drammatiche e insaspettate una mamma e il propio bambino possano fare la “magia“.

-Vorrebbe condividere con noi le motivazioni che l’hanno spinta a diventare una pediatra?
Ho sempre desiderato fare il medico, fin dai tempi della scuola. È stata per me come una chiamata vocazionale perché volevo avere come obiettivo non me stessa ma gli altri e con questa professione sentivo che sarei riuscita a concretizzarlo.
Quando poi ho iniziato il tirocinio e sono entrata in pediatria… beh mi sono innamorata dei piccoli pazienti, dei loro sorrisi e del loro modo di affrontare la malattia.

-Nello svolgere il suo mestiere incontra spesso neo-famiglie?
Certo, sia come sostituta di Pediatri di libera scelta ma soprattutto in qualità di Pediatra Ospedaliero, nei diversi ospedali della Provincia, dove ho avuto esperienza di sala parto e di pronto soccorso. In questi ambiti mi è capitato spesso di ricevere neo genitori spaventati nel trovarsi per la prima volta a gestire i loro neonati con i primi fisiologici pianti o i primi episodi febbrili.

-Sappiamo che lei è madre di tre splendidi bambini. Ci può dire se le sue esperienze di maternità hanno modificato il suo personale modo di rapportarsi o di parlare con i neo genitori?
Assolutamente sì! La prima cosa che mi viene in mente può sembrare una banalità ….
Da specializzanda ero convinta che il bambino dovesse dormire nel proprio letto perché, a quel tempo, credevo che il figlio nel lettone con i genitori avrebbe potuto mettere a repentaglio l’equilibrio della coppia. Oggi, invece, ho realizzato che tenere il bimbo nel lettone sia un buon modo per allattare e riposare insieme, sempre che questo aiuti la mamma a sentirsi più tranquilla. Ho capito che il dare i consigli, più o meno medici, per la sicurezza dei bambini e per il benessere della famiglia, richieda molta delicatezza e comprensione dei bisogni individualizzati di quella famiglia in quello specifico momento.
Sicuramente l’esperienza pratica personale ha completato la mia formazione e mi ha permesso di entrare in maggiore empatia con i genitori che si rivolgono a me, anche perché, pur essendo una pediatra, con la mia prima figlia ho affrontato le medesime preoccupazioni di tutte le neo-mamme. Ricordo la prima febbre di Sara: 39°C, aveva sei mesi ed era notte…mi sono quasi dovuta legare al tavolo per non scappare al pronto soccorso!

-In generale pensa che il divenire madre o padre porti con sè delle trasformazioni sul sentire e sul mettersi in relazione con gli altri?
In generale forse sì. Su di me assolutamente sì!
Mi sento più vicina agli altri e mi sembra di capire meglio le famiglie che incontro.
Nello svolgere la mia professione incontro spesso famiglie speciali che affrontano, insieme ai loro bambini, patologie gravi o disabilità importanti, che richiedono grandi energie nella gestione quotidiana e si accompagnano ad ansie e paure costanti. Mi ritrovo spesso ad osservarle riscoprendo in loro risorse indescrivibili con cui riescono a superare i limiti delle situazioni peggiori con un’incredibile forza per andare avanti. La mia stima verso di loro è ancora più grande oggi.

-Nella sua esperienza di genitore c’è un ricordo che vorrebbe condividere con noi ora?
Io ho amato essere incinta, portare quella piccola vita dentro di me che cresceva di giorno in giorno mi rendeva felice e realizzata, tanto da sentirmi già carica a ripetere l’esperienza a pochi giorni dal parto sia dopo la prima che dopo il secondo😍.
La prima figlia, Sara, è stata la scoperta. Davide è stato quel bambino che sembrava non dovesse più arrivare ed invece ha dimostrato da subito tutta la sua forza e ci ha fatto rivivere le emozioni della prima ma in modo diverso. Matteo è il terzo che, dolce e sorridente, si accompagna alla consapevolezza che, a causa di complicazioni seguite nel puerperio, non mi sarà più possibile avere un altro bambino…Non so se ne avremmo cercato un quarto ma sicuramente adesso ho la certezza di non averne più la possibilità: questo pensiero ammetto che mi rattrista, perché chissà, magari tra qualche anno, salute permettendo, avremmo lasciato la porta aperta all’arrivo di un altro piccolo.
Comunque sono grata di essere riuscita a sopravvivere per godermi questa famiglia numerosa…riscoprendo in questa terza maternità la MAGIA e il MIRACOLO dell’allattamento.
Devi sapere che a partire dal decimo giorno di vita di Matteo sono stata costretta a smettere di allattare per gravi motivi di salute. Durante la degenza ho cercato di mantenere la produzione del latte, servendomi del tiralatte 2-3 volte al giorno, tra un picco febbrile, un esame diagnostico o la visita di uno specialista. Nutrivo la flebile speranza di riprendere, nella migliore delle ipotesi, un allattamento misto, se mai avessi superato quei momenti critici: cos’altro avrei potuto mai sperare visto che anche un’ostetrica mi aveva detto che tirandolo poco il latte sarebbe per forza” andato via”. Qualche specialista che è entrato a visitarmi vedendomi con il tiralatte mi ha detto che mi stavo sottoponendo ad una tortura ma io ho sempre risposto che la tortura per me sarebbe stata non provarci.
In tutto ho trascorso un mese lontano da Matteo e, quando finalmente sono tornata a casa, molto stanca e debilitata, ho voluto con tutte le mie forze residue provarci…In quel momento è stata fondamentale Alice che mi ha aiutata a recuperare quel prezioso legame con Matteo che nel frattempo era stato alimentato artificialmente…ma quando ha rivisto la sua “tetta” con la sua mamma intorno (ride) è stato come se non ci fossimo mai allontanati e in una decina di giorni siamo riusciti a ripristinare un allattamento al seno esclusivo.
Per me questo è stato un vero miracolo. Oltretutto si è ripetuto pochi giorni fa quando ho dovuto interrompere nuovamente l’allattamento a causa di un altro piccolo intervento: nonostante Matteo abbia quasi sei mesi e io mi sia ritrovata in pochi giorni con un seno apparentemente sgonfio, ci siamo dati il tempo di stare attaccati e nel giro di due giorni tutto è tornato come prima.
Ho realizzato quanto è importante trovare, in quei delicati momenti, una persona che non ti passi consigli rigidi ed assoluti ma abbia la capacità di mostrarti quei toni di grigio che si trovano in questo ambito più che in altri, per scegliere il più adatto al tuo vissuto specifico ed individuale. Anche il bonding è un processo meraviglioso che si può coltivare in qualunque momento, non per forza nel primissimo post-partum, basta creare uno stato di serenità con il contatto e il calore tra madre e figlio e Alice mi ha aiutato proprio in questo.
Un bravo professionista sa ascoltare la neomamma prestando molta attenzione a come effettua una comunicazione.

-Di che cosa pensa abbiano bisogno i neo genitori?
Di essere informati e di essere ascoltati. Ogni figlio è unico e speciale e seppure ci sia bisogno di regole condivise credo sia necessario immaginarle come paletti attorno ai quali si possono formare recinti che seguono linee molto diverse tra loro poiché devono essere personalizzate nel rispetto di chi sta al centro.

-Se potesse cambiare una cosa nel sistema di supporto intorno alla nascita, che cosa cambierebbe?

Si può dire praticamente tutto?!?
Guarda onestamente credo che sia necessaria una premessa forse banale ma vera. È cambiata la società. Negli anni 50 la famiglia era allargata e tutti bene o male vedevano come prendersi cura di un bambino piccolo che poteva essere l’ennesimo fratellino piuttosto che un cugino o un nipotino che si trovava nel medesimo contesto famigliare.
I genitori di oggi invece si trovano spesso soli o accompagnati dall’esperienza di nonni che sono stati genitori negli anni 70 o 80 e non hanno vissuto la cultura dell’allattamento ma la cultura del figlio unico o del “bisogna mettere giù il bambino per andare a lavorare” trasmettendo alla mamma odierna un conflitto tra l’essere produttiva e “in carriera” e l’essere dedita all’accudimento dei propri figli.
La mamma oggi ha bisogno di un supporto esterno, di una persona che possa aiutarla a rilassarsi e liberarsi da tutti i pensieri per poter osservare al meglio il proprio bambino e concentrarsi sul rapporto bellissimo e specialissimo che sta nascendo.
Io sono stata fortunata perché conoscevo una rete alla quale ho potuto aggrapparmi ma ritengo che conoscere queste risorse dovrebbe essere un diritto di tutte, ad esempio pubblicizzandole già in ospedale.
Nella nostra zona ci sono realtà interessanti di aiuto professionale, per esempio uno studio di pediatria di gruppo con un’infermiera che segue le neo mamme, o l’associazione SOS Mama che fa assistenza a domicilio. Questo tipo di servizio non ha prezzo perché è dove vive la quotidianità col suo bambino che una mamma può sentirsi più libera di essere se stessa.
In generale credo che le forme di sostegno siano ancora troppo poche e soprattutto poco conosciute.

-Pensa che il suo pensiero sia condiviso dai suoi colleghi?
È un discorso molto difficile poiché dipende molto dalla formazione che hanno avuto. Io appoggio moltissimo la formazione che viene dalla scuola di specialità in Pediatria a Modena poiché permette agli specialisti di farsi esperienze a tutto campo, di divenire autonomi e di mantenere una mentalità aperta ad arricchirsi con nuove conoscenze. E questo credo sia un po’ il segreto per essere più efficaci nel sostegno…non credere di sapere tutto, cercando di osservare ed ascoltare la persona che hai davanti.

-Qual è l’augurio che potrebbe rivolgere a tutte quelle persone che decidono di intraprendere l’avventura di una nuova famiglia?
Vorrei augurare di vivere la loro esperienza con serenità sia nella ricerca dei figli, che siano essi frutto del grembo materno o arrivino da un percorso di adozione, sia nel “dopo”, quando si fanno necessariamente i conti con le normali difficoltà quotidiane.
E auguro soprattutto loro che possano trovare un supporto e un sostegno adeguato alle personali necessità.

-Ha un libro, un film o un esperienza da consigliare?
Posso dirvi il mio film preferito…quello che mi ha fatto riflettere sul mio modo di essere medico: il film su Patch Adams.
Ricordo il mio primo tirocinio in ematologia durante il quale ho fatto la prova del sorriso e ho verificato che funziona anche quando non te lo aspetti!

-Questa intervista si inserisce in un percorso che vorrebbe dare voce a tutte le figure professionali che ruotano attorno alla nascita; lei avrebbe in mente qualche figura, da noi non ancora contattata, la cui esperienza ritiene possa essere di interesse?
-Se si, quale e per quale motivo?
Mi viene in mente il Neonatologo; quella figura che consiglia e segue i genitori nella gestione dei bambini nati prematuri, i quali si trovano ad attraversare paure e difficoltà sicuramente diverse rispetto ai nati a termine e che si protraggono a lungo anche a distanza dalla nascita.
Credo possa essere interessante ascoltare questa voce poiché oggi ci sono davvero tante famiglie che vivono questa situazione.

-Vuole aggiungere qualcosa che le sembra importante comunicare in questo momento?
Voglio solo ribadire il mio grazie ad Alice ed a chi come lei si dedica alle mamme con dolcezza e passione permettendo loro di portare luce anche in quei piccoli angoli bui della meravigliosa esperienza di maternità.

 

Share Social